I canali attraverso i
quali gli elevati livelli di corruzione costituiscono un freno
alla crescita sono molteplici. Basta citarne tre:
1. La corruzione disincentiva l’investimento diretto estero,
in quanto il potenziale investitore - già eventualmente scoraggiato dal dover
affrontare un impianto i regole eccessivamente complesso - teme al contempo di
dovervi fare fronte ricorrendo alla corruzione dell’ufficiale pubblico (ma
anche privato). Il piano elaborato dal governo Letta e poi dal governo Renzi
volto a incentivare l’investimento estero diretto, "Destinazione Italia",
ribadiva come solo l'1.6% di tali flussi d'investimento raggiunga l’Italia,
ossia una frazione di quelli destinati a Francia, Regno Unito o Germania. Il
piano prevedeva una serie d'interventi volti a rimuovere alcuni degli ostacoli
all’investimento straniero, incluse riforme della giustizia civile. Ma la sua
implementazione rimane quanto meno incerta.
2. L’impatto economico della
corruzione è la distorsione della concorrenza del mercato. Così
come le imprese straniere non sono incentivate a investire in Italia, le
imprese domestiche potrebbero essere incentivate a trovare commesse all’estero,
laddove il contesto di business si presenta più favorevole. Inoltre, imprese
sane, non disposte a scendere a bassi compromessi, tendono a essere
disincentivate a partecipare a gare d’appalto che percepiscono come truccate.
Finiscono così per uscire dal mercato, peggiorando pertanto la "eticità
media" del tessuto produttivo nazionale. In questo senso, anche la sola
percezione della corruzione può essere un fattore di disincentivo reale -
ovvero: l’appalto può non essere truccato, ma l’impresa sana non partecipa
temendo che lo sia.
3. L’incentivo
all’emigrazione dei "cervelli". Un ambiente a
competizione truccata costituisce un formidabile incentivo all’emigrazione di
coloro che intendono basare il loro successo professionale solo sulle loro
capacità e sul loro impegno, su meriti e titoli acquisiti. Il “brain drain”
italiano sia più intenso di quello dei paesi competitori, perfino più di quello
spagnolo.
Cervelli in fuga vuol dire valore aggiunto
all’estero e sottratto in patria, il che in parte spiega il
differenziale di crescita. Iniziative meritorie come quella del
"Controesodo" (elaborate da un gruppo di parlamentari di tutti gli schieramenti)
hanno aiutato a ridurre il disincentivo fiscale alla permanenza in patria. Ma
per frenare l’uscita di coloro che sono in fuga dalla corruzione, dal
familismo, dalla concorrenza sleale, servono operazioni di sistema di più vasta
portata. Riuscendo a bloccare, o anche solo ad affievolire questi 3 canali, si
otterrebbe un impatto enorme sulla crescita dell’attività economica.


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